Vipiteno, cosa vedere nel borgo felice d’Italia - Oj Eventi

Vipiteno, cosa vedere nel borgo felice d’Italia

Vipiteno

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È forse vedere la delicatezza dei colori pastello la prima cosa a far innamorare i visitatori di Vipiteno. La prima, senza dubbio, ma non la sola.

Questo piccolo borgo, raccolto nella Valle dell’Isarco, in provincia di Bolzano, ha infatti in serbo magnifiche opportunità di visita ed escursione in ogni periodo dell’anno. Dopotutto, questa piccola cittadina ai confini con l’Austria sembra sia proprio uno dei borghi più felici d’Italia. E dopo averne lette le meraviglie, non potremo che capirne il perché.

 

Cosa vedere nel borgo di Vipiteno

Già da lontano, Vipiteno mostra il suo dolce profilo, sul quale spicca su tutto la bella Torre delle Dodici.

Il borgo è immerso in un’atmosfera serena e tranquilla, avvolto da tempo immemore dall’abbraccio delle montagne. Le case, dipinte con eleganti colori pastello, raccontano di un’epoca di ricchezza in cui Vipiteno brillava non solo per bellezza ma anche per le vicine miniere d’argento. Esse richiamavano tra queste montagne lavoratori d’ogni dove tra il Quattrocento e il Cinquecento, ed oggi possiamo sentir parlare di quei tempi al Museo Provinciale Miniere.

Passeggiare per le vie del centro storico è un vero e proprio tributo a quel periodo di splendore. Le case che si srotolano lungo la via principale sono ville graziose, colorate ed eleganti, con i balconi che traboccano di fiori in estate. Ogni angolo e scorcio della città è stato abbellito e decorato per volere delle famiglie di imprenditori che qui alloggiarono.

Dunque, non si può che camminare con il naso all’insù. Tutto sembra lasciar intendere che Vipiteno sia parte di una favola, di un dolce sogno dal quale non ci si è ancora svegliati del tutto.

 

La Torre delle Dodici e Piazza Città

Così bella d’estate, così come lo è d’inverno, quando le taverne pullulano di allegri avventori, turisti e locali, e le strade conducono alla piazzetta centrale dove si tengono i Mercatini di Natale. Qui tutto è delicato e grazioso, ordinato. Non vi è eccesso alcuno, eppure il borgo resta sempre impresso a chiunque lo visiti.

Proprio in questa piazzetta, Piazza Città, si trova la famosa Torre delle Dodici cui accennavamo poc’anzi. La torre risale alla fine del Quattrocento e divide il borgo in due parti. La parte a nord è quella delle viuzze del centro storico, mentre quella più a sud, più recente e con spazi più larghi che corrono verso l’incontro con le montagne, è stata ricostruita dopo un grave incendio.

Due zone, come due anime, tra loro separate dalla Torre che, con i suoi 46 metri, è l’edificio più alto ed iconico della città. Al tempo delle miniere d’argento costituiva il monumentale ingresso al borgo. Sicuramente doveva apparire ancora più imponente con la sua guglia gotica che, sempre a causa di un incendio nell’Ottocento, fu sostituita dal tetto in pietra che vediamo oggi.

La vista da qui è spettacolare e spazia sulla cittadina e sulla Valle dell’Isarco, ma l’accesso alla Torre è consentito solo poche volte l’anno e, quindi, pare proprio che continuerà a esercitare il suo fascino magnetico sui molti visitatori della cittadina.

E sempre in quella piazzetta, che altro edificio d’interesse sorge? In questo caso, ciò che si trova all’interno stupirà molto di più di ciò che si vede da fuori.

 

Il Municipio di Vipiteno: vera opera d’arte dell’Alto Adige

Tra le cose da vedere in un viaggio a Vipiteno, sicuramente spicca il Municipio. Acquistato sul finire del Quattrocento, venne poi restaurato nel Cinquecento quando si decise di aggiungere il caratteristico Erker, una finestra aggettante nel vuoto. Si tratta di un elemento architettonico molto presente in Alto Adige e vuole dare l’illusione di una maggiore ampiezza delle stanze.

Ciò che però lascia stupiti del Municipio del paese, però, è sicuramente all’interno.
L’interno dell’edificio presenta una corte a lucernario, dall’aspetto borghese ed elegante. Nessun fronzolo, solo semplice linearità. Salendo le scale e recandosi al piano superiore, si apre sul lato ovest la sala più bella ed importante dell’edificio: la Sala Consiliare che, non a torto, è considerata la più bella dell’Alto Adige.

In stile tardo gotico, essa è completamente rivestita in legno, anche il soffitto, costituito da travi sorrette da un’unica trave portante. Anche la porta della sala è d’effetto: liscia ma con inserti in ferro battuto che richiamano il mondo campestre, con viticci e cardi.

La stanza è ampliata otticamente dalla presenza di ben due Erker esagonali: alcune delle vetrate sono originali.
In questa stanza si trovano svariati oggetti di pregio: non soltanto la stufa in maiolica decorata con mattonelle verdi e motivi a losanga, ma anche un armadio cinquecentesco, diversi dipinti in tela di lino e un lampadario di grande impatto, sorretto da un mezzo busto di donna, il Lusterweibchen.

Ad ogni modo, non solo il borgo e i suoi tesori valgono una visita a Vipiteno, ma anche i suoi dintorni. A qualche chilometro dal centro, infatti, si trova un luogo davvero emozionante.

 

Escursione a Monte Cavallo

Dolomiti

In ogni periodo dell’anno, Monte Cavallo, alto 2.183 metri, offre la soluzione perfetta. Per chi è in cerca di panorami bucolici d’estate, tra malghe e laghetti, oppure per chi cerca avventure sulla neve, tra ciaspolate e una pista da sci tra le più lunghe d’Italia, il luogo è a dir poco perfetto.

Qui si possono intraprendere itinerari di diversi livelli di difficoltà, anche se uno dei più suggestivi è probabilmente il Sentiero Dolomieu, un percorso che connette tra loro ben sei malghe. Conduce dalla stazione di Monte Cavallo fino alla Valle di Fleres, vero paradiso di tutti i geologi. Proprio il geologo che portava questo nome, Dolomieu, fu quello che scoprì per primo le proprietà di una particolare roccia che poi avrebbe dato il nome alle splendide Dolomiti.

E dunque ora, tra natura e storia, è chiaro perché Vipiteno sia uno dei borghi più felici d’Italia.

 

Conoscevi tutte le meraviglie comprese in questa guida dedicata a Vipiteno? Faccelo sapere nei commenti!

Articolo di Elisa Borgato

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