Il disastro del Vajont: perchè è caduta e cosa insegna - Oj Eventi

Il disastro del Vajont: perchè è caduta e cosa insegna

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Il disastro del Vajont, avvenuto il 9 ottobre 1963, è una delle più gravi tragedie industriali della storia italiana. Un’enorme frana nel bacino artificiale del Vajont causò un’imponente onda d’acqua che devastò il paese di Longarone con centinaia d’abitazioni. In totale, circa 2.000 le morti causate. Il tragico evento mise in luce le gravi lacune insite nella gestione della sicurezza e delle opere idrauliche, e ha sollevato interrogativi etici e legali sulla responsabilità dei progettisti e delle autorità. Le conseguenze furono devastanti per la comunità locale e hanno lasciato, conseguentemente, una ferita profonda, con una vistosa modifica del paesaggio e dell’equilibrio ambientale della zona, per sempre.

Perché è caduta la diga del Vajont

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La diga del Vajont, inaugurata nel 1960, è un’imponente struttura di contenimento alta 262 metri, progettata con lo scopo di produzione d’energia idroelettrica. La costruzione, avviata negli anni ’50, ha comportato la realizzazione di un bacino artificiale in una valle delimitata da ripide pareti rocciose.

C’è da dire, per inquadrare al meglio la situazione, come le condizioni geologiche della zona si rivelassero complesse. La valle del Vajont è contraddistinta infatti da formazioni geologiche instabili, con strati di rocce calcaree e argillose soggette a frane. La presenza d’acqua nei terreni, e la medesima alterazione delle rocce già descritta, sono stati i fattori che hanno aumentato i rischi d’instabilità. Sul piano idrologico, la regione riceveva e riceve abbondanti precipitazioni, e il riempimento del lago ha aggravato le condizioni di saturazione del terreno circostante.

Il fallimento della diga nel 1963, d’altronde, non fu dipeso soltanto dalle condizioni geologiche, ma anche da gravi errori di progettazione e gestione, per come s’accennava. La scarsa considerazione degli effetti del riempimento del bacino sulla stabilità delle pareti laterali portò al verificarsi dell’imponente frana. Le acque accumulate incrementarono notevolmente l’instabilità dei materiali, tanto che frana generata provocò un’onda di tsunami, il cui impatto fi devastante per il paese di Longarone.

La diga del Vajont è, in sostanza, un esempio tragico di come la mancanza di una progettazione adeguata e la sottovalutazione delle condizioni geologiche possano condurre a dei disastri catastrofici. La tragedia ha poi inevitabilmente indotto una revisione delle normative in materia di sicurezza nelle infrastrutture idrauliche.

Quanto fu alta l’onda del Vajont

Un blocco di circa 260.000 metri cubi di roccia franò nel bacino, a creazione di un’onda che raggiunse un’altezza di oltre 250 metri. L’evento catastrofico si verificò, a dire il vero, in seguito ad anni di preoccupazioni riguardo alla stabilità delle pareti intorno al lago, ma le autorità continuarono a ignorare i segnali d’allerta.

L’impatto dell’onda fu immediato: in pochi minuti, il muro d’acqua travolse le abitazioni e le persone nei paesi sottostanti, soprattutto a Longarone. Le testimonianze delle poche persone sopravvissute descrivono scene di terrore e devastazione: “Ho visto l’acqua venire come un muro, non potevo credere ai miei occhi.” Molti furono bloccati nei propri edifici e non ebbero scampo.

La tragedia del Vajont è una lezione dolorosa sui rischi connessi alla gestione delle risorse idrogeologiche e sull’importanza di ascoltare gli avvertimenti scientifici.

Quali furono le cause del disastro del Vajont

La frana è da intendersi quale risultato di una combinazione di fattori naturali e umani. Tra le cause immediate vi è il crollo di una massa di terreno instabile dal Monte Toc, fattore scatenante dell’enorme ondata descritta. Fra le cause, non può mancare la stessa costruzione della diga del Vajont, progettata senza un’adeguata valutazione delle caratteristiche geologiche della zona.

I fattori naturali giocano un ruolo cruciale. L’area di riferimento era caratterizzata infatti da un terreno carsico e fratturato, già soggetto a instabilità. Gli studi geologici iniziali avevano messo in evidenza il potenziale rischio di frane, ma, come già riportato, vennero trascurati.

Tra i segnali d’allerta ignorati vi erano le piccole frane verificatesi antecedentemente al disastro, e gli studi che indicavano un movimento del versante. Per contro, le autorità e i tecnici continuarono imperterriti a ritenere che la diga fosse sicura, con una sottovalutazione netta dei segnali di un probabile cedimento del terreno.

Il disastro del Vajont del 1963 evidenziò gravi carenze nella responsabilità aziendale e nella normativa. Nel concreto, la SVAP, ovverosia l’azienda costruttrice della diga, sottovalutò i segnali di pericolo legati alla stabilità delle montagne circostanti, procedette contrariamente a quanto indicato da studi e avvertimenti sulla possibilità di frane. La mancanza di rigorosi controlli normativi e d’una supervisione adeguata hanno fatto, in definitiva, la differenza. Da quel momento si è sottolineata, in ambito nazionale, l’importanza di una responsabilità sociale attiva da parte delle aziende, e la necessità di leggi più severe volte alla prevenzione di simili disastri. In pratica, era evidente e non poteva più essere negato, come fosse essenziale collocare sempre al centro la tutela delle vite umane e dell’ambiente, e di come vi fosse stato in precedenza un impegno del tutto insufficiente.

Quante persone sono morte nel disastro del Vajont

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Il disastro del Vajont, avvenuto il 9 ottobre 1963, ha causato la morte di 1.910 persone, tra cui 487 bambini. Le vittime si concentrarono principalmente a Longarone, dove furono registrati nel solo comune 1.450 decessi. Inoltre, 1.300 persone risultarono disperse. La frana del Monte Toc, e l’onda di piena causata, apportò distruzione anche nelle località limitrofe e causò danni ingenti a beni per un valore di 900 miliardi di lire dell’epoca.

Si può quindi affermare come, la tragedia del Vajont, colpì principalmente le comunità di Longarone, Erto e Casso, e la valle del Vajont. Tra le vittime, molte erano famiglie che abitavano lungo il fiume Piave, spesso alloggiate in sobborghi molto vulnerabili sul versante edile. Racconti di tragedia s’intrecciano con storie di vissuto quotidiano, e non mancarono famiglie che furono completamente spazzate via in pochi minuti. Le vittime, tra cui bambini, anziani e giovani, sono una perdita incommensurabile per la comunità, il cui dolore è vivo ancora oggi.

Le riflessioni su cosa ci insegna l’accaduto

La tragedia del 1963 ha esplicato un impatto profondo sulla memoria collettiva italiana e sulle politiche ambientali.

In altri termini, la memoria storica del Vajont serve tutt’oggi da monito: le conseguenze di una gestione negligente delle risorse naturali e della sicurezza nelle infrastrutture. Le lezioni apprese da questo evento hanno influenzato decisamente le riforme legislative a venire, in materia di sicurezza ambientale e controllo delle dighe. N’è conseguita una maggiore attenzione ai processi di valutazione dei rischi e alla necessità d’una pianificazione urbana veramente consapevole.

Oggi, il disastro del Vajont continua a influenzare le politiche ambientali, e il suo ricordo esige una riflessione continua su come far fronte concretamente al rischio di catastrofi simili. La memoria di quanto accaduto è dunque volta ad onorare le vittime, ma non solo. Si vuole fare in modo che l’errore compiuto non venga mai più ripetuto nella storia. Ed è appunto quest’ultima che va ascoltata, così da realizzare un futuro più sicuro e sostenibile.

Una possibile visita alla diga del Vajont

Casso

Casso

La diga del Vajont può essere visitata, e il tour dà altresì modo di scoprire varie località dal sentito interesse storico e paesaggistico. Parlando della visita alla diga in sé, è molto suggestiva, siccome fa comprendere meglio la tragedia avvenuta nel 1963, e fornisce spunti di riflessione sulla forza della natura, e di come non possa essere mai sminuita in vista di nuovi lavori compiuti da mani umane. Presso il Centro Visitatori del Vajont si può approfondire di tanto la conoscenza della tragedia. Il centro s’avvale, in questo intento, di mostre permanenti (nelle quali trovare anche fotografie storiche) s racconto degli eventi del ‘63.

Nel corso del tour, abbiamo la possibilità di dirigerci verso il vicino paese di Longarone, nella provincia di Belluno, dove si trova il Museo della Memoria, luogo appositamente dedito al ricordo delle vittime e alla storia del disastro. Non lontano, potremmo visitare anche il suggestivo Lago di Vajont, dove si possono praticare attività all’aperto sullo scenario d’un paesaggio completamente naturale. Un’altra località interessante è Erto e Casso, antico borgo montano dove non si possono non notare panorami spettacolari e racconti affascinanti sulla sua resistenza, e rinascita a seguito del catastrofico evento.

Pian di Vedoia è un altro bel punto panoramico dove sistemarsi per ammirare il lago e la diga, ideale per chi ama la fotografia e la natura. Lo stesso Monte Toc è visitabile, una montagna iconica della zona, laddove sono presenti sentieri escursionistici e punti di vista spettacolari sulla diga e sul paesaggio circostante.

E tu cosa ne pensi dei tragici avvenimenti del Vajont? Intenderesti organizzarti per un tour della diga e della zona circostante, con una visita al Museo della Memoria di Longarone, per toccare più da vicino quest’importante testimonianza? Permettici di saperlo con un commento.

Articolo di Michele De Luca

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