
La jota è un piatto tipico della cucina di tutto il Friuli-Venezia Giulia, del Litorale sloveno e dell’Istria. Si tratta di una minestra che nasce sicuramente come “piatto di recupero”. Si preparava con quello che c’era a disposizione in dispensa e con le verdure dell’orto così da offrire una pietanza che sfamasse tutta la famiglia.
Ancora oggi è d’uso portarla in tavola durante la stagione fredda, specialmente in occasione delle festività natalizie. Lasciata intiepidire, può essere servita anche quando le giornate si allungano e le temperature si fanno più clementi. Gli ingredienti di base sono verdure, legumi e tuberi, ma spesso viene insaporita con costine, cotenna o altra carne di maiale. Risulta comunque gustosa anche in versione vegetariana, grazie alla presenza di semi di cumino e di alloro.
Gli ingredienti e le varianti della jota
Salsiccia di cragno
Gli ingredienti principali della jota sono i cavoli, i fagioli e le patate. Negli anni è diventato uso comune aggiungere cotiche, salsicce, costine o carne affumicata, per un risultato finale ancora più sostanzioso. A piacere, si può insaporire con semi di cumino e alloro.
Come tutti i piatti tipici della tradizione, ne esistono versioni differenti. Quella della città di Trieste si differenzia dalle altre per l’utilizzo dei cavoli cappucci fermentati (capuzi garbi), tagliati a listerelle sottili e poi passati nella farina. Ciascuna famiglia ha comunque la sua personale ricetta, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione.
Numerose le sue varianti, tra cui quelle tipiche della Carnia, di Gorizia, del Carso e della Bisiacaria. A seconda delle tradizioni, si aumenta o si riduce la quantità di fagioli, si prevede l’aggiunta di orzo o mais, si sostituiscono i cavoli con i crauti o si aggiusta la densità con la farina gialla. Tra le diverse soluzioni, al posto delle cotiche o delle costine, c’è chi sceglie l’osso di prosciutto o la salsiccia di Cragno. Questa salsiccia è un insaccato tipico della Slovenia, preparato nell’area attorno alla capitale Lubiana e caratterizzati dall’affumicatura fatta con legna di faggio.
Simile alla jota è la mignestre di brovade sempre friulana, quest’ultima realizzata però con la rapa (brovade) al posto dei crauti e il cotechino (musèt) al posto delle costine di maiale affumicate.
Jota triestina: storia e origine del nome
Cavolo cappuccio fermentato
I triestini sono molto fieri di questa minestra tipica della loro splendida città. Le cronache ci raccontano che persino Carlo Magno la trovasse deliziosa e ne richiedesse piatti su piatti quando era in visita a Trieste. Pare, infatti, che già a quell’epoca ci fossero alcune preparazioni a base di cavolo cappuccio tagliato a listarelle e fermentato in salamoia. L’ultima modifica alla ricetta risale a più di cinquecento anni fa, dopo la scoperta dell’America, quando anche in Europa arrivarono le patate.
La prima testimonianza scritta dell’esistenza di una ricetta di una zuppa tipica della zona si trova in un documento del XV secolo conservato a Cividale del Friuli, a poco più di 70 km dal capoluogo. Un elemento che testimonia come un tempo la jota fosse diffusa in tutto il territorio regionale. Nella tradizione odierna, sono famose soprattutto la jota triestina e una versione alternativa tipica della Carnia, più precisamente delle valli Pesarina e Degano.
Interessante anche l’etimologia del nome. Secondo alcuni studi, infatti, jota dovrebbe derivare dal latino jutta che significa brodaglia. A sua volta, la parola jutta avrebbe origine dal celtico. Questo è il motivo per cui esistono termini simili con lo stesso significato anche in cimbro (yot), irlandese (it) e nel dialetto francese dell’area di Poitier (jut). Nella Repubblica Ceca e in Slovacchia con il termine jucba s’intende una zuppa di cavolo e salsiccia. Senza spostarci tanto lontano, anche in Emilia, in particolare nelle province di Parma, Reggio e Modena, si usa dzota per dire brodaglia.
La ricetta tipica della minestra triestina
Ma veniamo alla ricetta per preparare la jota. Nel caso non avessimo un parente friulano in famiglia, ci affidiamo alla ricetta della signora Palmira. È lei che ha consegnato al Comune di Trieste i suoi segreti culinari, permettendo così di conservare e tramandare la ricetta originale della jota.
Ingredienti per 4 persone:
- 700 g di capuzi garbi
- 300 g di fagioli rossi o dall’occhio
- 4 patate
- 2 foglie di alloro
- 4 spicchi di aglio
- 2-3 salsicce fresche affumicate di Cragno (oppure qualche costina di maiale affumicata o un osso di prosciutto cotto)
- 50 g di strutto
- 2 cucchiai di farina
- q.b. semi di cumino
- q.b. brodo vegetale
- q.b. sale
- q.b. pepe
- q.b. olio extra vergine d’oliva
I capuzi garbi sono quindi indispensabili per la realizzazione del piatto originale. Per accelerare i tempi di preparazione, è possibile acquistarli precotti e conservati sottovetro. Si possono eventualmente sostituire con altri tipi di cavolo o con i crauti. Anche nel caso dei fagioli, si può ricorrere a quelli secchi, mettendoli in ammollo in acqua dalla sera precedente, o sostituirli con quelli già lessati in scatola.
Il risultato è una straordinaria zuppa, calda e corroborante. Le salsicce o le costine, con il loro sapore deciso, ne fanno un primo piatto dal gusto verace. Il cumino e l’alloro regalano un profumo insolito.
La gustosa variante della Carniaì
La jota triestina, secondo diverse testimonianze, è sempre stata considerata un piatto prelibato, proprio perché ricca di ingredienti, tra cui la carne.
In altre zone del Friuli-Venezia Giulia, invece, la jota è nata come ricetta umile. Per esempio, in Carnia, si preparava mettendo le rape fermentate nella vinaccia al posto dei cavoli cappucci. In alcuni casi, si arricchiva con orzo. Un detto popolare molto usato dagli anziani descrive bene la natura di recupero del piatto: “simpri jote, simpri jote e mai polente e lat” (sempre jota, sempre jota e mai polenta e latte). Infatti, la Carnia era una terra così povera che persino un piatto di polenta con il latte era considerato un lusso. Eppure, anche la jota carnica risulta davvero appetitosa, grazie ai suoi ingredienti essenziali, ma molto proteici. Provare per credere!
Voi avete già assaggiato la jota? Se l’amava tanto un grande imperatore, credo che dovreste assolutamente provarla! Fateci sapere nei commenti in quale variante vi piace di più!
Articolo di Laura Vanoli