
Far parlare di sé con il guerrilla marketing è la parola d’ordine per ogni campagna pubblicitaria efficace. Stupire con metodi non convenzionali è l’arma sempre più usata dai grandi marchi e non solo. Il Guerrilla Marketing è uno strumento di promozione sempre più diffuso e, quando è ben riuscito, può anche diventare una forma d’arte. Scopriamone insieme l’origine e alcuni esempi epici che hanno davvero lasciato il segno!
Che cosa si intende con guerrilla marketing?
L’effetto sorpresa è sempre stato utilizzato dalla pubblicità per lasciare un segno nella mente. A volte, anche nel cuore del pubblico. La ricerca della novità è per questo una costante nel mondo dell’advertising. L’utilizzo di nuovi canali e nuovi linguaggi è l’arma più efficace per non assuefare il consumatore fornendogli sempre nuovi stimoli. Le classiche campagne pubblicitarie richiedono però un budget elevato che solo i grandi marchi possono permettersi. Tutto ciò ha spinto negli anni Ottanta alla nascita del Guerrilla Marketing. Questo strumento prevede l’utilizzo di canali di comunicazione non convenzionali e di azioni di grande impatto che possono essere messe in atto anche con un budget ridotto. Lo stesso termine indica la strategia militare popolare basata su “imboscate” e uso di “armi” a basso costo.
Guerrilla Marketing e Cultural Jamming
L’arte è un altro dei linguaggi usati dalla pubblicità per arrivare direttamente alle emozioni del pubblico. L’industria dell’advertising, infatti, è sempre stata maestra nello sfruttare le tendenze artistiche del periodo. A sua volta l’arte si è spesso impadronita di nuovi strumenti per creare stupore, tra cui proprio il linguaggio pubblicitario. Ne è un esempio il movimento artistico nato negli anni Ottanta del Cultural Jamming, dall’inglese “interferenza culturale”. La corrente si serve appunto delle immagini e degli espedienti pubblicitari per criticare il consumismo capitalista e denunciare i problemi sociali.
Tra i più famosi Banksy, i cui murales sono entrati nell’immaginario mondiale. A sua volta il Guerrilla Marketing sembra ispirarsi proprio a questo tipo di linguaggio di forte impatto ed è infatti usato anche nelle campagne sociali.
Chi ha inventato il guerrilla marketing?
Nel 1999 i registi dell’horror The Blair Witch Project utilizzano per la prima volta il Guerrilla Marketing per promuovere il film. L’esordiente Eduardo Sánchez intuisce che la sua opera sperimentale aveva bisogno di un forte espediente per attirare l’attenzione del pubblico. La particolare pellicola si basa infatti su un finto documentario, girato da un gruppo di ragazzi, sulla leggenda attorno alle misteriose sparizioni avvenute nella cittadina di Blair, nel Maryland. Così il regista dà vita a una campagna originale basata sulla diffusione di finti manifesti che ritraevano gli attori “scomparsi” in seguito alla loro ricerca, rapporti della polizia e interviste di testimoni. La trovata genera l’effetto sperato e il suo realismo è tale che alcuni spettatori si convincono che fosse un documentario reale!
Visibilità: un effetto secondario (e collaterale?)
Uno dei benefici secondari del guerrilla marketing è senz’altro, come si accennava, la visibilità che può assicurare all’azienda, ai suoi prodotti o servizi o alle sue singole iniziative. Una visibilità che è, almeno in parte, figlia di quella deriva “sensazionalista” che negli anni ha tradito la vera essenza del guerrilla come formulato dal suo teorico e che, del resto, ha trovato terreno fertile nell’eterna “fame” di notizie in cui vive chi si occupa di informazione. L’effetto, insomma, è di poco diverso da quello del newsjacking. Da un lato ci sono l’azienda, il suo reparto marketing e comunicazione e il suo bisogno di trovare spazio anche all’interno di media non proprietari; dall’altro c’è chi quei media li popola di contenuti, chi è sempre alla ricerca di notizie fresche, diverse da quelle dei competitor o, quando ciò non è possibile, ricche almeno di particolari diversi che gli permettano di emergere rispetto alle altre voci in campo.
Non deve stupire, insomma, che le azioni di guerrilla marketing siano sempre oggetto di forte attenzione mediatica e di un corposo “rimbalzo”, anche e soprattutto sui social media . Né si può pensare che chi progetta un’azione di questo tipo lo faccia, oggi, lasciando al caso la questione viralità e non considerando la capacità di certi contenuti di diffondersi spontaneamente in Rete, creando coinvolgimento e, più in generale, facendo in modo che “se ne parli” .
Come fare guerrilla marketing?
Se lo scopo è permettere agli small business di massimizzare i ritorni ottenibili con budget contenuti, comunque, anche il mix di azioni e, meglio, il mix di strumenti da utilizzare per fare guerrilla marketing non può che essere low budget. Secondo la teoria originale, il guerrilla marketing ha bisogno solo di
- tempo,
- energia,
- immaginazione.
Il tempo è quello indispensabile per pianificare una vera e propria strategia di guerrilla marketing che, come si è accennato più volte, non può esaurirsi in una singola azione estemporanea, del resto in nulla benefica per il brand. L’energia e l’immaginazione fanno parte di quel bagaglio di soft skill che non possono non essere richieste a chi si occupa di marketing. Bagaglio che comprende, ovviamente, anche la creatività e tutti gli asset creativi di cui può disporre un’azienda.
A livello operativo, poi, organizzare una campagna di guerrilla marketing potrebbe richiedere di mettere in campo professionalità e competenze anche molto specifiche, diverse di caso in caso e a seconda del concept creativo in questione. Si pensi, per esempio, a quelle forme di guerrilla marketing che si configurano come veri e propri happening e che richiedono, per questo, attori professionisti, scenografi, ecc.
Ci sono anche delle importanti considerazioni logistiche da fare. Sarà necessario chiedere e pagare la concessione dello spazio pubblico se l’azione di guerrilla marketing non avviene in luoghi di proprietà aziendali? Ci sono regolamenti speciali da rispettare, come quelli che riguardano le riprese audiovisive e, più in generale, le operazioni nelle stazioni metro per esempio? Una caratteristica imprescindibile deve avere, infatti, una strategia di guerrilla marketing: essere rispettosa di leggi e persone.
La chiave
La vera chiave di volta per fare un buon guerrilla marketing è, in altre parole, agire sulla personalità di chiunque sia coinvolto nella definizione della strategia: «quando si lavora con il vero Guerrilla Marketing una parte importante è nel lavoro sulla psicologia del marketer», conferma infatti ancora Andrea Frausin, interpellato sull’argomento. Si tratta, forse, anche di non perdere mai di vista il volto umano ed “etico” di chi fa questo mestiere, nella convinzione che risultati e performance materiali in azienda seguono sempre quelli “umani”.
Il Guerrilla Marketing in Italia
Il Guerrilla Marketing arriva in Italia all’inizio del nuovo millennio. Nel 2001 un’azienda di promozione turistica dell’Emilia Romagna diffonde l’immagine di una flotta di dischi volanti che si dirige verso la Terra, di cui è visibile solo la sagoma dell’Emilia-Romagna. La campagna denominata “2001: Vacanze a Ufo” riesce nel suo intento e riceve un grande risalto nella stampa locale, che contribuisce a diffonderne il messaggio implicito. Tutto l’universo apprezza l’ospitalità dell’Emilia Romagna!
Di grande impatto è stata anche la campagna del Gruppo Generali Assicurazioni. Ha ideato la trovata perfetta per rappresentare l’imprevedibilità degli eventi. Un enorme sottomarino fa la sua comparsa in una piazza milanese, seminando distruzione tra le macchine schiacciate da finti massi o in bilico sui parcheggi multipiano. Se non è questo un evento imprevedibile!