Domenica 1 Marzo 2020 nei musei Mibac gratuiti ferraresi (Fe) - Oj Eventi

Domenica 1 Marzo 2020 nei musei Mibac gratuiti ferraresi (Fe)

Domenica 1 Marzo 2020 nei musei Mibac gratuiti ferraresi (Fe)

 

Ricordiamo che Oj eventi si occupa solamente di informazione turistica e vi invita sempre prima di partire a contattare la struttura di interesse (in caso di variaizione orari o chiusure straordinarie). Per tutti gli altri servizi (hotel, trasporti privati ecc ) siamo a completa disposizione.

Non bisogna prenotare per partecipare. Accertarsi sempre di contattare la struttura prima di mettersi in viaggio per evitare chiusure staordinarie.

Necropoli romana di Voghenza

Voghenza era un insediamento romano chiamato Vicus Aventinus o Vico Habentia, fulcro amministrativo di vaste proprietà imperiali.

Necropoli romana di Voghenza
Gli scavi archeologici hanno portato alla luce un’area sepolcrale e monumentale di una certa rilevanza databile dalla metà del I secolo d.C. alla metà del III.
I materiali ritrovati sono costituiti da ceramica comune (coppe, tazze, lucerne), balsamari di vetro e onice, ornamenti in oro e ambra, oggi esposti al Museo Civico di Belriguardo.
Tra le 67 sepolture (inumazioni e cremazioni), spiccano il grande sarcofago marmoreo di Ulpia Pusinnica e due recinti funerari con tombe segnalate da cippi iscritti.
Situata appena fuori dall’abitato, la necropoli non è accessibile per le visite, ma è comunque visibile nel suo complesso da Via Dante Alighieri.

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Gallerie estensi – Pinacoteca nazionale di Ferrara

Martedì-Domenica 10.00-17.30

Ospitata al piano nobile di Palazzo dei Diamanti, nelle sale comprendenti il magnifico salone d’onore e l’appartamento cinquecentesco di Virginia de’ Medici, la Pinacoteca Nazionale di Ferrara offre una significativa rassegna della pittura a Ferrara dal Due al Settecento: dai grandi cicli di affreschi medievali provenienti dalle chiese di San Bartolomeo e di Sant’Andrea, alle tele seicentesche dello Scarsellino, di Carlo Bononi e del Guercino, fino ai bozzetti dei Gandolfi e dei Crespi. Notevole è la raccolta di dipinti del Quattrocento, dai preziosi maestri del tardogotico a Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti e gli altri artefici dell’Officina ferrarese, cui si affiancano artisti forestieri come Gentile da Fabriano, Mantegna e Carpaccio. È parte delle collezioni fin dall’istituzione della Pinacoteca nel 1836 la serie di pale d’altare del Cinquecento provenienti dalle chiese cittadine, fra cui numerose opere di Garofalo – uno dei migliori seguaci di Raffaello in Nord Italia – l’imponente Polittico Costabili eseguito da quest’ultimo in collaborazione con il giorgionesco Dosso Dossi e i drammatici dipinti del Bastianino, con i quali si chiude l’epoca estense a Ferrara


Museo di Casa Romei

Domenica-Mercoledì 8.30-14.00

Casa Romei fu costruita dal mercante Giovanni Romei verso la metà del XV secolo, ingrandita in occasione delle nozze con Polissena d’Este.

I due cortili tardogotici, le decorazioni fiorite correnti lungo le pareti dei loggiati del piano nobile, gli affreschi della Sala della Sibille e dei Profeti, lo “Studiolo” e le Tramezze dipinte tardo-quattrocentesche dell’appartamento di Giovanni Romei costituiscono un corpus artistico unico a Ferrara.

Le Sale al primo piano sono state ornate nel corso del XVI secolo con decorazioni a grottesche. Il Salone d’Onore reca gli emblemi di Ippolito II d’Este, quando la casa faceva parte del complesso conventuale del Corpus Domini.

Dopo la soppressione del convento fu acquisita al demanio dello Stato nel 1898. Dopo un periodo di abbandono e di restauri consistenti, Casa Romei divenne museo nel 1953, accogliendo le raccolte di affreschi staccati da varie chiese soppresse a Ferrara come Sant’Andrea e Santa Caterina Martire, ed ancora statue e lapidi ed altre decorazioni architettoniche provenienti da edifici cittadini.

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Museo archeologico nazionale di Ferrara – Palazzo Costabili

Martedì-Domenica 9.30-17.00

Il cinquecentesco palazzo tradizionalmente attribuito a Ludovico Sforza detto il Moro, Duca di Milano, appartenne in realtà ad Antonio Costabili, segretario di Ludovico e personalità di spicco della corte del Duca Ercole I d’Este.

Il progetto iniziale fu dell’architetto ducale Biagio Rossetti, nume tutelare dell’architettura ferrarese del Rinascimento. Il cantiere del palazzo vide all’opera alcuni illustri scalpellini e pittori della corte estense dell’inizio del XVI sec.: fra i primi Gabriele Frisoni, Girolamo Pasino e Cristoforo di Ambrogio, fra gli altri Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Ludovico Mazzolino e l’Ortolano.

Biagio Rossetti iniziò la costruzione dell’edificio nel 1500 e nel 1503 la lasciò alle cure di Girolamo Pasini e Cristoforo di Ambrogio da Milano. Tuttavia nel 1504 essa venne definitivamente abbandonata e l’edificio rimase incompiuto.

Fulcro del palazzo è il cortile d’onore, completato solo su due lati e ornato da un doppio loggiato dalla ricca decorazione scultorea in pietra bianca, probabilmente opera di Gabriele Frisoni. Dello stesso è la scalinata di accesso al piano nobile, con alzate dei gradini decorate con motivi geometrici, delfini e palmette.

Le finestre del piano nobile, originariamente alternativamente aperte e cieche, creano un gioco di pieni e vuoti che ancora si può in parte apprezzare sulla facciata del palazzo su via Porta d’Amore. Il loggiato del lato meridionale del cortile d’onore prospetta su un vasto giardino.

All’incompiuto palazzo non manca la decorazione di una parte degli interni. Sono notevoli le volte lunettate di tre stanze al pianterreno, affrescate, secondo l’opinione predominante, da Benvenuto Tisi detto il Garofalo (1481-1559) e dai suoi allievi. Nelle due sale sotto l’ala di levante, dette rispettivamente Sala delle storie di Giuseppe (dalle scene a chiaroscuro inserite tra una decorazione fitomorfa stilizzata su fondo turchino) e Sala delle Sibille e dei Profeti (anche questa per le figure rappresentate, in gran parte policrome) la fattura talora scadente fa pensare più agli allievi che al Maestro. Di tutt’altro tenore è la terza sala affrescata, detta Aula Costabiliana o Sala del Tesoro, posta presso il portico meridionale e i cui affreschi sono concordemente attribuiti al Garofalo. Di forma rettangolare, è fregiata in alto da 18 lunette a chiaroscuro con scene riferibili al mito di Eros e Anteros, o dei due Amori. Così le descrive il soprintendente Carlo Calzecchi Onesti in un suo libro del 1936 sul Palazzo di Ludovico il Moro: scene «di un mito dei due Amori, che attende ancora chi lo commenti: prima che il secondo Amore nasca in solitudine selvaggia, è consultata una Dea cui si chiede: DIC DEA, QUA NATUS RATIONE ADOLESCERE POSSIT. La Dea dà il responso: EST RURSUS PARIENDUS AMOR. Il secondo Amore è svegliato dalle Grazie: più tardi i due Amori, riuniti, hanno da Vulcano le ali, cavalcano cicogne, ecc.» Nella volta, con audace prospettiva da sotto in su, sono raffigurate scene della vita di corte, di evidente ispirazione mantegnesca (la Camera degli Sposi nella reggia mantovana): da un’ampia balconata rettangolare, tra festoni di fronde, si affacciano una trentina di personaggi assorti in lieti conversari e muniti di strumenti musicali. Al rosso dei tappeti anatolici da preghiera (tra i primi di questo tipo conosciuti in Europa) che pendono dalla balconata, fa riscontro il verde dei festoni che si collegano sopra la lieta comitiva, sullo sfondo del cielo. La prospettiva aerea è continuata, al centro, da una fascia dodecagona con inserti monocromi di ispirazione classica che sale a forma di cupola fino a un grande rosone in legno dorato, certo inclusovi in epoca posteriore.

Proprietari diversi si succedono dalla fine del XVI secolo in poi, frazionando e modificando l’impianto e riducendo infine la struttura in uno stato di grave degrado. È Direttore Generale alle Antichità e Belle Arti Corrado Ricci quando si definisce, nel 1920, l’esproprio del Palazzo, acquistato dal Demanio dello Stato per 195mila lire. Nel 1930 il Ministero decide che il palazzo diventi sede del materiale archeologico proveniente dalla necropoli di Spina; i lavori, resi possibili grazie ad uno stanziamento ministeriale di un milione, terminano alcuni anni dopo e il 20 ottobre 1935 viene inaugurato il Museo Archeologico Nazionale.

Tra i caratteri di questa splendida residenza rinascimentale risultano dominanti il colore dei materiali impiegati, l’armonia delle forme, l’accogliente ed ampia corte che, tramite il porticato, si apre sul giardino, gli squisiti ornamenti dello scalone, la fuga di sale e lo spazioso corridoio al piano nobile, i soffitti lignei e i cicli di affreschi che decorano tre delle sale del piano terreno.

Museo archeologico nazionale

Allestito nel palazzo progettato da Biagio Rossetti per Antonio Costabili, il museo conserva le testimonianze della necropoli e dell’abitato di Spina, il fiorente porto commerciale etrusco che tra il VI e il III sec. a.C. rappresentò uno dei centri focali della regione. Sono esposti alcuni dei corredi ritrovati nelle oltre 4.000 tombe, reperti di impressionante bellezza tra cui spicca un’imponente raccolta di vasi attici a figure rosse del V sec. a.C. Recentemente ampliato e riallestito con apparati all’avanguardia, il museo vanta una Sala del Tesoro affrescata dal Garofalo, la Sala delle Piroghe, imbarcazioni monossili di età tardo romana (III-IV secolo d.C.), e la Sala degli Ori con gioielli d’oro, argento, ambra e pasta vitrea risalenti al V e IV sec. a.C. Al piano terra, quattro sale – di cui due affrescate dal Garofalo e dalla sua scuola – sono dedicate “alla città dei vivi”, all’abitato di Spina, ai culti e ai miti, ai popoli e alle scritture. Chiude il percorso una delle “biblioteche virtuali” che introduce alla necropoli. Il piano nobile, in consonanza con l’originario allestimento degli anni Trenta, è dedicato alla necropoli della città etrusca e annovera capolavori della pittura vascolare attica, bronzi etruschi, preziosi oggetti di importazione da tutto il Mediterraneo.

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L’Abbazia di Pomposa

L’Abbazia di Pomposa sorse verso il VII secolo lungo la strada Romea, tra Venezia e Ravenna.

Raggiunse la massima espansione economica, culturale e spirituale nel XI secolo, a cui appartengono l’atrio della chiesa, dalla semplice architettura decorata con fasce in cotto e transenne circolari, ed il campanile (1063).

L’Abbazia conobbe poi una inesorabile decadenza, fino all’abbandono dei monaci nel XVII secolo, ma il XIV secolo mostra testimonianze di grande qualità: gli affreschi della Chiesa, iniziati nel 1351 da Vitale da Bologna, quelli dell’Aula Capitolare (entro il 1310) e quelli del Refettorio, ascritti a Pietro da Rimini (1320 ca.).

La storia dell’Abbazia è sintetizzata nel Museo, interessantissima raccolta di reperti e di oggetti d’arte dal VI al XIX secolo.

ingresso gratuito alla Chiesa
Giorni e orario apertura: Chiesa: Lunedì-Domenica 8.30 – 19.30

Comune: Codigoro
Indirizzo: via Pomposa Centro, 12

 

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